Loading...

LA REPUBBLICA DI UN SOLO GIORNO

di Marco Baliani e Ugo Riccarelli
con Patrizia Bollini, Daria Deflorian, Gabriele Duma, Simone Faloppa, Renata Mezenov Sa, Mariano Nieddu, Alessio Piazza, Naike Anna Silipo, Alexandre Vella
regia Marco Baliani
drammaturgia Maria Maglietta
scene e musiche Carlo Sala
musiche Mirto Baliani
luci Luca Barbati
produzione Teatro di Roma

debutto, 24 giugno 2010, Real Albergo dei Poveri, Napoli Teatro Festival Italia, Napoli

Seconda produzione teatrale, dopo Piazza d’Italia, che il Teatro di Roma ha promosso nell’ambito del progetto Fratelli di Storia, La repubblica di un solo giorno si riconduce alla storia della Repubblica Romana del 1849, a una vicenda appassionante e forte, densa di significati e di qualità, dall’aspetto romantico eppure moderno, durante la quale, seppur per un breve spazio di tempo, si è data dimostrazione di come sia possibile costruire una repubblica, sostenerla con dei valori autentici, davvero democratici. Un episodio appassionante della Storia del nostro Paese. Appassionante e allo stesso tempo, per le sue modalità, per l’importanza delle sue caratteristiche, poco conosciuto alla grande massa degli italiani.E dire che, a leggerne anche soltanto la cronologia degli eventi, l’avventura della “Repubblica dei Briganti”, come venne definita dai sostenitori del Papa Pio IX, ha tutte le caratteristiche di plot e di “casting” per una narrazione da tenere incollate le persone, alle immagini e alle parole. Uno scenario come quello della città di Roma. Personaggi come Mazzini e Mameli, Garibaldi e Anita, il Papa e i Borboni, l’esercito francese comandato dal terribile Oudinot e un gruppo di giovani eroi romantici pronto a immolarsi per l’indipendenza e la libertà. E poi, il popolo minuto di Roma, quello che le ha viste tutte e a tutto è avvezzo, sottomesso al governo papale, attanagliato dalla miseria e dalla fame, preda di un disincanto che, una volta tanto, si sgretola piano piano in una forma di orgoglio, di prima resistenza verso la palese ingiustizia che un esercito straniero, a parole difensore della democrazia, va a compiere per motivi di prestigio politico, per una politica estera che, come sempre, giustifica ogni ragione di Stato. E in mezzo a tutto questo il valore profondo, vero, dei fatti, dello studio, della discussione che porterà a formulare una carta costituzionale di sorprendente modernità, base di molte altre che verranno, compresa quella della Repubblica Italiana fondata sul lavoro e nata dalla Resistenza.Una Repubblica che durerà lo spazio di un sogno: il giorno stesso in cui la Costituzione sarà presentata sulla Piazza del Campidoglio bardata a festa, dalle pendici del Gianicolo i francesi scenderanno a prendere possesso della Città Eterna per restituirla al Papa. La città, i suoi muri, la sua materia, sarà, come si dice, normalizzata, ma come scrisse Mazzini, i briganti avranno dimostrato che è possibile autodeterminarsi, lottare contro la tirannia, discutere e democraticamente fondare un sistema di vita che riconosca dignità e cittadinanza a ogni persona. Una lezione di storia che la scrittura di Ugo Riccarelli e di Marco Baliani, che ne cura anche la regia, racconterà con la forza del teatro, a dimostrare come la materia profonda degli uomini, le loro alte aspirazioni, la civiltà del diritto sono oggi più che mai importanti e valide, e che per la loro delicatezza, per la loro vitalità, hanno sempre bisogno di studio e di attenzione, di memoria e di cura. Di teatro. Di quella materia che possa ricordare i valori fondanti di un vivere civile, affinché quello che siamo riusciti a costruire, a far durare nel tempo, non si sciolga come una Repubblica di un solo giorno.


NOTE DI DRAMMATURGIA (Maria Maglietta)

Per riuscire a narrare della Grande Storia avevamo bisogno di piccole storie, di umanità minute, concrete, che facessero riverberare nei loro conflitti il conflitto più grande, quel pezzo di Storia che segna una delle tappe costitutive di un sogno repubblicano ancora oggi tutto da ultimare.

La drammaturgia allora si fa carico di tenere insieme una dimensione corale, epica, di movimenti scenici di largo respiro, con improvvisi “squarci di dramma” dove i corpi narranti del coro divengono di colpo personaggi con una loro lingua, psicologia, storia, per poi subito dismettere quei panni e quei dialoghi serrati per ritornare a fondersi nella dimensione collettiva della coralità.

Per ciò che riguarda la parola corporea dello spettacolo, il farsi voce degli attori, la dimensione epica dello spettacolo permette una continua osmosi tra parole testuali diverse, alla ricerca di una drammaturgia narrativa che pur mostrando la forza del qui e ora del dramma tradizionale, declinandolo in frammenti spezzati, concisi e serrati, rivendica il superamento della dimensione puramente dialogico-drammatica, in un territorio postdrammatico, mostrando un insieme di altre possibilità espressive, personaggi che si staccano dalla vicenda e di colpo narrano in terza persona, arrivando a poter rammemorare perfino la propria morte, oppure ancora racconti a più voci, montaggi corali di frammenti storici di lettere, dispacci, comunicati, o ancora melologhi, poesie dette in musica, informazioni.


 Previous  Teatro Next