DI TERRA E DI SANGUE
testo di Salvo Arena, Massimo Barilla, Maria Maglietta
regia e drammaturiga Maria Maglietta
attore narrante Salvatore Arena
musiche originali Mirto Baliani
collaborazione al progetto Mariano Nieddu, Riccardo Sivelli
consulenza ricerche storiche Fabrizio Loreto
assistente organizzativa Federica D’Anna
una produzione Manachuma Teatro
All’alba del 16 maggio 1955, Salvatore Carnevale, giovane e irriducibile sindacalista, viene brutalmente assassinato nel sentiero che conduce alla cava di pietra, nel comune di Sciara, Palermo.
È l’ultima delle trentotto vittime del movimento contadino siciliano, cadute sotto i colpi della mafia e degli agrari in quell’immediato dopoguerra.
Il decreto Gullo del 1944, che sancisce la redistribuzione delle terre incolte, aveva avviato in tutto il Mezzogiorno le grandi lotte per l’applicazione della riforma agraria.
Per la prima volte per le grandi masse contadine si apre una prospettiva di riscatto dalla secolare situazione di miseria e servitù quasi generalizzata.
Ma un po’ dappertutto lo Stato interviene in difesa del latifondo: sono decine in quegli anni gli eccidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di manifestanti, quasi sempre inermi.
In Sicilia proprietari terrieri, gabellati, mafia, con la compiacenza da parte delle istituzioni, fanno convergere i proprio interessi facendo leva sull’intimidazione e la violenza, e si lasciano dietro una lunga scia di morti impunite.
Con “Turiddu” muore probabilmente anche quella stagione, nodo irrisolto della nostra storia contemporanea, ma si inaugura un nuovo modo di opposizione al potere mafioso, con la resistenza di una madre che non si rassegna, con i gesti, la dignità, le sue parole, ferme come “pietre”.
NOTE DI REGIA
Il paesaggio scenico è una luce accecante, un sole siciliano che taglie nette le ombre e lascia le figure nitide come statue riportate alla luce da mondi antichi.
Anche il linguaggio, creato più per sottrazione che per accumulo, è suono di quella terra, la Sicilia. L’estremo artificio del lavoro si rovescia nel suo contrario: un’apparente semplicità di forme, un’illusoria naturalezza di azioni.
Salvatore Carnevale, raccontato e agito con appassionata tenacia da Salvatore Arena, rivive come una figura antica, tragica nel suo destino, luminosa nella sua volontà di riscatto: la sua storia parla oggi, adesso, di qualcosa che ancora accade e che spesso non vogliamo vedere.
Le musiche di Mirto Baliani passano da un andamento tematico quasi classico a frammenti sonori minimalisti, pescano nella stessa luce accecante, ritrovando canti di lavoro, memorie antropologiche scompaginate e riordinate dall’artificio elettronico.
APPUNTI
Di terra e di sangue prosegue una mia ricerca teatrale in zone della nostra Storia recente, iniziata con Terra dove non annotta, trilogia trentina sulle memorie dei soldati della Prima Guerra Mondiale, e continuata con Sole nero e Corpo di Stato in un avvicendamento progressivo dal dopoguerra agli inizi degli anni Settanta.
Tre anni fa con Mana Chuma ho realizzato a Messina lo spettacolo Terribìlio di mare tratto dall’Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo.
Il protagonista ‘Ndrja Cambria è un reduce che alla fine della guerra torna verso casa e trova un sud dilaniato, irriconoscibile. Anche il protagonista de Il mondo offeso, spettacolo tratto da Conversazioni in Sicilia di Vittorini, e realizzato l’anno successivo, intraprende un viaggio verso sud, cercando risposte alle ferite dell’anima.
Con questi due spettacoli è cominciato anche per me un viaggio di ritorno verso le mie radici lucane, senza nostalgie, consapevole che le fratture e le ferite sono parte sostanziale di questo sud da ritrovare. Un sud che vive di un passato prossimo dimenticato, ma che al tempo stesso pulsa di memorie sepolte e antiche presenze. Salvatore Arena e Massimo Barilla mi sono compagni in questo viaggio “meridiano”.
La storia di Salvatore Carnevale è un’altra occasione per scavare in queste memorie e cercare di compre nere meglio il presente in cui ci muoviamo.